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Quali
condizioni facilitano questo transfer? Questi processi non sono automatici?
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La
nostra esperienza come insegnanti di lingue ci suggerisce molta prudenza nel
rispondere a domande come queste. Quello che possiamo dire con certezza è
solo una cosa: che esiste una grande variabilità individuale al riguardo.
Attitudini, stili di apprendimento, configurazioni di intelligenze diverse
rendono unici gli individui, e unici i modi in cui, per esempio, si attiva
una competenza come quella del saper apprendere, dell’imparare a imparare.
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Una cosa
possiamo invece dire per certo: la scuola, come luogo di apprendimento
istituzionale, organizzato, consapevole, deve poter garantire a tutti, al di
là delle differenze individuali, quante più opportunità possibile di
sviluppare questa competenza.
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L’alternativa
all’automatismo dei processi sta in una parola-chiave: la consapevolezza.
Consapevolezza vuol dire scendere all’interno dell’iceberg e riportare alla
superficie ciò che vi è nascosto, giocare a carte scoperte, o, continuando in
questa metafora, scoprire le regole del gioco. Consapevolezza implica fare
cose con le lingue, ma anche riflettere su quello che si è fatto; significa
imparare a usare le lingue, ma anche sfruttare questi usi concreti per
diventare persone che sanno meglio imparare le lingue.
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Questo
ci porta a dire subito una cosa importante: si diventa consapevoli mentre si
usano le lingue, non parlando in astratto delle lingue; si attiva la
consapevolezza in concreto, mentre si eseguono i compiti di apprendimento in
cui noi quotidianamente cerchiamo di coinvolgere i nostri allievi. Perciò
diventa importante mettere a fuoco proprio cosa succede mentre i nostri
alunni, sotto la nostra guida, con il nostro sostegno, eseguono compiti di
lettura, di scrittura, di ascolto, di parlato, di interazione orale.
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