“Posso fare copia-incolla?” – Il plagio nella scrittura ai tempi di Internet

 

Lingua e Nuova Didattica, Anno XLVI, No. 4, pp. 111-123

 

Luciano Mariani     luciano.mariani@iol.it

 

 

Introduzione: La “zona grigia” tra pubblico dominio e copyright

 

Il Vocabolario Treccani On Line[1] definisce il plagio come “il fatto di chi pubblica o dà per propria l’opera letteraria o scientifica o artistica di altri; anche con riferimento a parte di opera che venga inserita nella propria senza indicazione della fonte”[2]. Il plagio si riferisce dunque non solo al fatto di attribuire a se stessi le parole e le idee di qualcun altro, ma anche alla mancata citazione della fonte originale, cioè dell’autore, anche se non ne vengono riprodotte le esatte parole, ed anche se ne viene fatta una parafrasi o sintesi che sia troppo vicina, per stile e/o contenuto, all’originale. Questa definizione, apparentemente chiara e incontestabile, nasconde in realtà diversi elementi di ambiguità e può dare adito a diverse interpretazioni, specialmente quando la fonte originale non è un’opera cartacea ma una delle mille forme di materiali scritti (ma anche visivi-non verbali, come grafici, disegni, illustrazioni, video e audio registrazioni, e così via) con cui oggi si realizzano in Internet la produzione, la distribuzione e il consumo di conoscenza (dai siti web ai blog, dalle reti sociali alle biblioteche virtuali …).

 

Questa conoscenza sembra non risiedere più (soltanto) in una sede fisica chiaramente individuabile, e sembra essere prodotta e diffusa da un’intelligenza per molti versi distribuita nella rete. Si parla spesso di produzione sociale di conoscenza, in cui la scrittura tradizionale, intesa come prodotto univoco e finito, si mescola facilmente a forme di ri-scrittura, in cui le informazioni, lungi dall’essere fruite solo passivamente, sono oggetto di continue manipolazioni da parte di “scrittori” spesso non identificabili e sconosciuti tra loro stessi. Un aspetto cruciale di questa scrittura distribuita, “liquida” e pervasiva è che questo processo di produzione e ri-produzione senza fine è diventato altrettanto, se non più importante, del prodotto, e che la cultura di riferimento degli scrittori in rete è spesso (anche se non sempre) connotata dalla collaborazione, dalla cooperazione gratuita, dalla partecipazione, dalla condivisione tra pari, dal feedback continuo e immediato, senza un’autorità costituita e riconosciuta che in qualche modo filtri, organizzi, selezioni.

 

Tutto ciò porta facilmente alla percezione che i materiali presenti in rete siano tutti “di pubblico dominio”, nel senso che, non essendo individuato o individuabile un produttore, si possano utilizzare liberamente, spesso inglobandoli in una propria produzione, o aggregandoli con altri materiali, con o senza modifiche formali o sostanziali. In realtà il problema del copyright, o del diritto d’autore, vale per la rete quanto per le fonti cartacee; il “pubblico dominio” deve essere infatti giustificato da fatti ben precisi, tra i quali i più importanti sono:

·    che ciò di cui si parla faccia parte di un patrimonio di conoscenze comuni e ampiamente condivise da tempo (ad esempio, che la proclamazione dell’indipendenza da parte degli Stati Uniti risale al 4 luglio 1776, o che il fumo provochi il cancro);

·    che il copyright sia scaduto (in Italia la scadenza è fissata per legge a 70 anni dopo la morte dell’autore);

·    che il titolare del copyright lo abbia ceduto al pubblico dominio senza reclamarne i relativi proventi economici. In tal caso, si definiscono spesso quali usi dell’opera sono permessi e/o a quali condizioni l’opera stessa possa essere riprodotta (ad esempio, per scopi educativi).

 

Tuttavia, la produzione di materiali in rete ha contestualmente comportato una ridefinizione delle tradizionali regole del copyright. Sono così nate nuove forme di concessione d’uso delle opere, come le licenze Creative Commons, che spesso sono basate su una libera riproduzione (ossia senza il pagamento di diritti), ma con la clausola che venga comunque citata la fonte, e che i materiali non vengano utilizzati a fini commerciali, per trarne cioè un profitto.

 

Da tutto ciò si deduce che, in pratica, la citazione della fonte costituisce quasi sempre un obbligo. Tuttavia, le citazioni non rappresentano soltanto l’assolvimento di un dovere sancito legalmente, ma anche, e soprattutto, un comportamento etico irrinunciabile, specialmente quando la propria opera si inserisce in un contesto di ricerca scientifica (e con questo non ci riferiamo solo alle pubblicazioni o tesi universitarie propriamente dette, ma anche alle “tesine”, ricerche, studi o analisi che vengono realizzate a scuola e all’università). Il fatto di citare un autore, con o senza le sue esatte parole, costituisce, in positivo, una doverosa identificazione di chi ha prodotto le idee originali, un segno di riconoscimento di una comunità accademica o professionale a cui si contribuisce con il proprio lavoro, e il rafforzamento di questa stessa comunità attraverso la partecipazione ad un “discorso” di ricerca che unisce passato, presente e futuro, in un lavoro costantemente in progress.

 

Le università, in particolare, definiscono con molta chiarezza i pericoli del plagio e stabiliscono in genere sanzioni anche gravi, poiché vengono messe in discussione l’integrità morale e l’onestà intellettuale non soltanto del singolo responsabile, ma anche dell’intero corpo accademico-professionale. In genere il plagio e le sue conseguenze vengono specificati chiaramente in documenti ufficiali che sono portati a conoscenza dell’intera comunità. Ciò non toglie che la materia sia, dal punto di vista strettamente legale, e in particolare con riferimento a Internet, piuttosto complessa, dia adito a dubbi e contestazioni, e sia costantemente oggetto di studi e valutazioni[3].

 

Il plagio: un fenomeno diffuso e in parte sottovalutato

 

Come abbiamo appena detto, la natura della conoscenza così come si presenta in rete favorisce la percezione che tutto sia di libero dominio e quindi atteggiamenti molto disinvolti nell’utilizzo delle informazioni. Il plagio, e soprattutto il cosiddetto cyber-plagio nelle sue due forme principali, ossia la copiatura parziale o integrale di idee altrui e l’inclusione nel proprio testo di idee altrui senza citarne la fonte, è un fenomeno molto diffuso, probabilmente molto più di quanto si sia disposti a credere, e in continuo, allarmante aumento. Citiamo alcuni dati:

·    da un’indagine del Josephson Institute Center for Youth Ethics (2010) risultò che su 43.000 studenti di scuole superiori, il 59% ammise di aver “copiato” durante una verifica e il 34% ammise di averlo fatto più di due volte. Uno su tre studenti ammise il plagio da Internet per eseguire un compito;

·    un’indagine di Donald McCabe, Rutgers University (2002-2005) su 63.700 studenti universitari di lauree di primo livello e 9.250 studenti di lauree di secondo livello rivelò che il 36% e il 24% rispettivamente ammise di “parafrasare/copiare qualche frase da fonti Internet senza riportare la fonte a piè di pagina”, il 38% e il 25% ammise di “parafrasare/copiare qualche frase da una fonte scritta”, il 14% e il 7% di “inventare/falsificare una bibliografia”, e il 7% e il 3% di presentare un lavoro fatto da un'altra persona;

·    da un sondaggio condotto da US News and World Reports (s.d.) risultò che il 90% degli studenti universitari sono convinti che chi plagia non viene scoperto o non viene adeguatamente punito[4];

·    uno studio condotto nel 2010 da Compilatio.net in Italia rivelò che “un quarto delle tesi di laurea contiene più del 15% di plagio da internet, con dei picchi fino all’85%, che solamente poco più del 20% delle tesi di laurea contiene meno del 5% di plagio da Internet, e che quasi il 5% delle tesi di laurea contiene più del 40% di plagio da Internet”.

 

A questi dati vanno aggiunti altri fenomeni importanti, anche se meno indagati:

·    l’auto-plagio, cioè l’includere in un lavoro parti già utilizzate in un proprio lavoro precedente (senza citare se stessi come fonte);

·    la cosiddetta collusione, ossia l’errata o mancata attribuzione delle parti effettivamente svolte da ciascuno dei membri di un gruppo in un lavoro eseguito in cooperazione. La collusione può non essere intenzionale, nel senso che gli studenti possono non sapere come “citarsi a vicenda” o quali regole seguire in proposito nei lavori svolti in gruppo (AA.VV. 2017);

·    tradurre un testo da una lingua ad un’altra, senza citare la fonte originale;

·    e naturalmente, presentare un testo parzialmente o integralmente acquisito attraverso varie fonti, o addirittura acquistato (in rete fioriscono siti che offrono a pagamento questo tipo di servizi).

 

Perché gli studenti plagiano? Convinzioni e atteggiamenti nella scrittura per lo studio

E’ forte la tentazione di distinguere subito tra plagio intenzionale e plagio involontario, ma la differenza sulla base della “buona o cattiva fede” da parte dello studente in realtà deve fare i conti con una “zona grigia” in cui non è sempre facile dare giudizi definitivi. In ogni caso, è molto più produttivo indagare il fenomeno più a fondo, andando ad esplorare quelle dimensioni nascoste di ogni competenza che sono costituite dalle convinzioni (o rappresentazioni cognitive di un fenomeno) e dagli atteggiamenti (o corrispondenti reazioni affettive di accettazione e di rifiuto), che condizionano in ultima istanza le scelte e i comportamenti delle persone in un contesto dato.

 

Mettere a fuoco convinzioni e atteggiamenti ci porta a considerare, al di là del “prodotto finito”, con le sue eventuali tracce di plagio, il processo di scrittura sottostante: ciò ci mette in grado di cogliere le motivazioni profonde degli studenti, che interagiscono con l’effettivo dispiego delle loro abilità o con le loro criticità irrisolte.

 

Una prima importante considerazione riguarda la percezione della natura del lavoro che lo studente è chiamato a svolgere, in relazione anche al tipo di curriculo seguito, alle prassi didattiche, alle indicazioni metodologiche degli insegnanti, e ai modelli di compiti che incontra nella suo percorso scolastico e universitario. Ad esempio, uno studente può percepire la scrittura di un testo espositivo o argomentativo semplicemente come la dimostrazione di ciò che ha appreso, o l’assemblaggio di concetti o nozioni derivati da letture o lezioni, senza un’elaborazione personale e originale che metta in luce le sue idee o i suoi commenti e sviluppi così un discorso almeno in parte nuovo. In questo caso il ricorso alle idee altrui, citando o meno la fonte, può essere considerato come una fase inevitabile della stesura. L’insegnante, d’altro canto, può aspettarsi qualcosa di diverso, e cioè proprio quella rielaborazione personale che indica la riappropriazione critica di contenuti o anche la loro espansione in forme originali. Una mancata condivisione e chiarificazione dello scopo, dei destinatari, del genere testuale e della corrispondente struttura retorica del testo che deve essere prodotto può così portare a malintesi, di cui l’utilizzo scorretto delle fonti costituisce solo una delle possibili conseguenze.

 

In questa stessa direzione possono agire fattori culturali. Nelle società in cui spesso prevale uno spirito collettivistico, come in diverse società orientali, la fonte della conoscenza (sia essa l’insegnante o un documento scritto) è vista come un’autorità che non è contestabile, a volte nemmeno ponendo(si) domande od esprimendo dubbi. Compito dello studente non è di mettere in questione il sapere che viene trasmesso, ma di memorizzarlo e riprodurlo, in modo quanto più fedele possibile. Le fonti sono quindi tenute in alta considerazione, e il ricorrervi o citarle nel proprio lavoro è visto in modo positivo. In una classe multiculturale questo tipo di problemi dovrebbe essere tenuto sempre ben presente.

 

L’ambiente di apprendimento, e in particolare i sistemi di valutazione, rappresenta da questo punto di vista una variabile decisiva. Un’insistenza sulla competizione più che sulla cooperazione, un alto valore attribuito ai punteggi, la focalizzazione sulle prestazioni e i “prodotti finiti” piuttosto che sullo sviluppo graduale di competenze attraverso una valutazione formativa, possono indurre gli studenti più deboli o insicuri a trascurare gli aspetti più propriamente etici del loro lavoro ricorrendo a pratiche come il plagio pur di non fallire e di ottenere un risultato comunque positivo. Anche in questo caso, come si vede, le tematiche psicologiche (individuali) interagiscono strettamente con quelle socio-culturali: una bassa percezione delle proprie abilità di ricerca e di scrittura da parte degli studenti può portarli a credere di non essere in grado di esprimere concetti o nozioni altrettanto bene della fonte originale, e spingerli così verso il plagio. La situazione può essere anche peggiore se il plagio è conseguente ad una mancata comprensione delle fonti, in presenza di testi complessi per i quali mancano le conoscenze lessicali o le risorse cognitive per l’elaborazione delle informazioni, e che si può pertanto essere indotti direttamente a copiare.

 

Molti altri motivi possono spingere nella direzione del plagio: ad esempio, uno scarso interesse per l’argomento studiato, la pressione esercitata dai tempi di studio e di preparazione agli esami o alle verifiche (spesso sintomo di mancanza di abilità di studio e di programmazione del proprio lavoro), la tentazione di “scegliere una scorciatoia” rispetto ad uno studio approfondito, la percezione (errata) che il plagio sia facile da attuare e difficile da identificare. Ma due ragioni in particolare meritano di essere approfondite: l’ignoranza della distinzione tra tipi di informazioni, proprie e altrui, di cui abbiamo discusso in apertura di questo contributo, e la confusione tra il “copia-incolla”, la parafrasi e altre forme di sintesi delle fonti originarie.

 

Plagio e processi di lettura/scrittura per lo studio e la ricerca

 

E’ a questo punto che il plagio si insinua direttamente nelle fasi (e nelle relative abilità) di lettura e di scrittura per lo studio o per la ricerca. Si tratta di un processo in cui lettura (comprensione) e scrittura (produzione) si interfacciano in continuazione, poiché la stesura di testi di vario genere, lineari e non-lineari (ad esempio, appunti, sintesi, parafrasi, diagrammi) va di pari passo con la comprensione delle fonti (ne è anzi uno strumento e una tappa indispensabili), ed è nello stesso tempo propedeutica alla produzione di un testo finale, spesso scritto e riscritto in più versioni successive (la prima, la seconda, la n… bozza di una tesi, di una “tesina”, di una ricerca, di una relazione, ecc.). Si tratta dunque di un processo complesso perché ricorsivo, cioè di andata-ritorno tra le fonti originarie e le forme “provvisorie” di produzione scritta messe via via in atto dallo studente.

 

Questo processo è reso molto più complicato e impegnativo se svolto in Internet: la molteplicità e la contemporaneità dei testi (naturalmente nell’accezione più ampia possibile dei termini verbale e non-verbale), a volte presenti “a schermo” contemporaneamente, a volte “spalmati” su più schermate, richiede abilità almeno parzialmente nuove: allo studente è richiesto di non considerare ogni testo a sé stante, quanto piuttosto un nodo in una rete di altri testi che possono o non possono condividere tra loro forme, generi, scopi, destinatari. Costruire una coerenza di significati in queste condizioni, riconducendo la massa di informazioni ad una sintesi il più possibile originale e personale, è veramente, come è stato detto, “un’impresa cognitiva di grande spessore” (Wineburg 1998, citato in Mariani 2016), a cui gli studenti giungono spesso non adeguatamente preparati.

 

Non stupisce allora che la ricerca di informazioni sia oggi solo un primo passo, relativamente semplice e rapido, rispetto alle operazioni di interpretazione, selezione, analisi e sintesi che vengono chiamate in causa. E non stupisce che, di fronte a una sfida così impegnativa, gli studenti possano scegliere la via diretta del plagio nelle sue varie forme, oppure la via di una collezione di citazioni, sia pure fornite di fonti, ma che non rappresentano una sia pur minima sintesi originale e personale dell’argomento trattato.

 

La prevenzione del plagio: una prospettiva pedagogica

 

Da tempo ormai le università e gli enti accademici cercano di prevenire, o per lo meno di limitare, il fenomeno del plagio. Innanzitutto, viene attirata l’attenzione degli studenti sui principi di integrità etica che sottostanno all’attività di ricerca: questi codici di comportamento, che spiegano anche le sanzioni previste nei casi di plagio accertato, raramente vanno però al di là di considerazioni generali di tipo etico, legale e amministrativo, e non forniscono spesso supporti che aiutino concretamente lo studente a tenere comportamenti corretti. In altre parole, la tendenza è di focalizzare più i metodi adottati per scoprire e sanzionare il plagio che i modi per evitarlo.[5] Esistono poi molti programmi informatici adottati dalle università che, mettendo a confronto i lavori prodotti dagli studenti con vastissime ed aggiornate banche dati, permettono di scoprire eventuali plagi[6]; e non mancano guide dettagliate, ad uso dei docenti, per prevenire, scoprire ed eventualmente sanzionare il plagio.[7]

 

Tuttavia, crediamo che il plagio e i problemi ad esso collegati debbano essere trattati in una prospettiva pedagogica, che, mentre rende gli studenti consapevoli dell’importanza del fenomeno, li aiuti a maturare abilità di studio e di ricerca, insieme ad adeguate convinzioni e atteggiamenti al riguardo. In tale prospettiva, la prevenzione del plagio, senza perdere i suoi connotati etici, entra nel vivo del progressivo sviluppo della competenza di lettura/scrittura per lo studio e la ricerca, accompagnando gli studenti nelle varie fasi del processo, secondo un itinerario formativo metacognitivo che non si limita ai pur importanti momenti in cui si realizzano parafrasi e citazioni, ma copre l’intera gamma delle abilità chiamate in causa. E’ importante inoltre sottolineare che interventi pedagogici di questo tipo non possono limitarsi al livello universitario, ma dovrebbero diventare parte costitutiva di un curricolo di lettura/scrittura che coinvolga tutti gli ordini di scuola[8]. Nel White Paper pubblicato da Turnitin (AA.VV. 2017: 6) leggiamo:

 

A lungo termine, il problema richiederà uno sforzo collaborativo da parte di tutti gli educatori. E’ evidente che le abilità inerenti la parafrasi e le citazioni devono essere trattate come abilità di scrittura basilari, insegnate in età precoce come parte di un complessivo curricolo di scrittura. Un articolo del 2010 di ricercatori di Yale ha preso in esame l’età in cui i bambini sono in grado di capire che il plagio è moralmente sbagliato. Ciò che hanno scoperto è stato che i bambini afferrano la nozione all’età di 5 anni, ben prima di partecipare a corsi di scrittura formali (Olson e Shaw 2010)( traduzione nostra)[9].

 

In questa sede non possiamo che elencare e commentare in modo sommario le fasi ai nostri fini più importanti del processo di scrittura per lo studio, fasi che hanno tutte un impatto diretto o indiretto sul ricorso al plagio da parte degli studenti[10].

 

A. Programmare il lavoro. La fase della programmazione iniziale non comprende soltanto l’aspetto temporale (fasi, scadenze, ecc.), ma anche e soprattutto la scelta dell’argomento, la sua delimitazione e a quale scopo risponderà il testo da produrre (ad esempio, analisi, discussione, valutazione, resoconto dello “stato dell’arte” …). Già in questa primo passaggio si evidenzia l’importanza di forme di scrittura in progress, come una scaletta, una sintesi, una mappa mentale, un sommario, una bozza in cui, mettendo a fuoco una tesi o una domanda di ricerca, si può fare un primo tentativo di trovare un equilibrio tra le proprie idee e le fonti a cui attingere approfondimenti, commenti, critiche, elementi a sostegno, e così via, dando il via ad una prima bibliografia di base.

 

B. Pianificare la ricerca. Proprio perché una ricerca su Internet può produrre migliaia o milioni di risultati, è indispensabile chiarire prima di tutto i tipi di informazioni di cui si ha bisogno (ad esempio, evidenze scientifiche, dati di ricerche, saggi critici, sintesi storiche, opinioni …), i relativi tipi o generi di testo a cui attingere (ad esempio, saggi da riviste, bibliografie ragionate, articoli di giornale, pubblicazioni divulgative …) e le fonti (giornali, università, siti governativi …).[11]

 

C. Valutare criticamente le fonti. Si tratta di una delle operazioni più delicate e nello stesso tempo cruciali. Tenendo presente che non esiste un “controllo di qualità” su Internet, occorrerà eseguire una serie di operazioni, quali appurare chi è l’autore, che posizione occupa, il suo livello di competenza, a quale eventuale organizzazione fa riferimento; se le opinioni espresse sono corroborate da dati, riferimenti, ricerche; se ci sono collegamenti ad altre fonti, e che affidabilità hanno; quanto sono aggiornate le informazioni; qual è lo scopo anche non manifesto della pubblicazione (ad esempio, informare, convincere, satireggiare …). Molti dei riferimenti citati in Nota 10 forniscono utili suggerimenti per affinare la propria valutazione critica delle fonti.

 

D. Prendere appunti in modo efficiente. Gli appunti possono strutturarsi in modi diversi, e sono anche una delle forme di scrittura più personali, per l’uso che si può fare di elementi verbali e non-verbali. Essenziale è comunque un’organizzazione degli appunti, tanto più importante quanto più essi sono numerosi e frequenti, la distinzione netta (anche tramite colori, evidenziatori, segnalibri, ecc.) tra le idee proprie e quelle altrui, e l’indicazione precisa delle fonti, base della bibliografia finale. Nulla è più frustrante di dover rintracciare una fonte a distanza di tempo dalla sua consultazione.

 

E. Estrapolare e selezionare i concetti-base. Gli appunti sono generalmente finalizzati ad individuare (e trascrivere a parte) i contenuti salienti del testo che si sta studiando. La mera distinzione tra informazioni “principali” e informazioni “secondarie” è troppo generica e scarsamente produttiva: in realtà si tratta di saper differenziare tipi e livelli di informazioni, distinguendo, ad esempio, tra affermazioni generali ed esempi, tra categorie ed elementi, tra cause e conseguenze, tra fatti ed opinioni, tra tesi e argomentazioni, e così via. La scelta di quali considerare come concetti “salienti” non può essere operata in termini assoluti, ma dipende dallo scopo e dal tipo e genere di testo che si deve produrre, che a sua volta determina il livello di approfondimento e di dettaglio più adeguato. In linea di massima i punti considerati “salienti” potrebbero implicare la necessità o l’opportunità di fare riferimento a fonti esterne, citando direttamente o parafrasando, per una varietà di motivi: ad esempio, per rafforzare le proprie argomentazioni, per confutare una tesi sostenuta da altri, per aggiungere esempi o illustrazioni rispetto ai concetti che si stanno trattando, per fornire una base teorica o una rassegna storica degli studi sull’argomento in questione.

 

F. Parafrasare. Si tratta di una forma di riscrittura molto impegnativa, in quanto è stretta tra la necessità di non riprodurre troppo da vicino la fonte e la contemporanea necessità di non distorcere le idee originali. Non si tratta soltanto di sostituire delle parole con dei sinonimi o di cambiare la struttura sintattica delle frasi, ma di trovare un equilibrio che permetta, tra l’altro, di giungere ad utilizzare forme proprie e di tessere la trama delle proprie argomentazioni inserendo ove opportuno quelle, tra le idee altrui, che meglio rafforzano, chiariscono, sviluppano le proprie. Nel fare questo, la parafrasi permette di elaborare attivamente e personalmente le informazioni, e rappresenta dunque una fase importante nella lettura/scrittura per lo studio. Naturalmente la parafrasi necessita comunque dell’opportuna citazione della fonte originale[12].

 

Può essere utile confrontare e discutere le differenze tra le varie forme che può assumere la parafrasi di uno stesso testo, come nell’esempio che segue:

 

 

 

 

 

Testo originale:

 

A diversi lustri di distanza dalla diffusione di Internet in ambito accademico, vi è ancora in alcuni la convinzione che i materiali ivi pubblicati o reperibili costituiscano una sorta di immenso common liberamente appropriabile, sovrapponendo così la facilità di accesso a tali materiali con la libertà d'uso degli stessi. Le regole del diritto d'autore, tuttavia, trovano diretta applicazione anche nel contesto della Rete rendendo necessario un chiarimento sull'equivalenza tra alcuni atti compiuti in
ambito digitale e le corrispondenti condotte in ambito analogico.

 

Fonte: Spedicato, Giorgio (2012) Attività di ricerca e uso dei materiali reperiti in Internet. Abstract della relazione tenuta al Convegno “Oltre la rilevazione del plagio verso la qualità della didattica e della ricerca”, 30 novembre 2012, Bologna, http://www.unibo.it/eventi/antiplagio/il-diritto-dautore-in-ambito-accademico-lesperienza-delluniversita-di-bologna-1.html

 

Rielaborazione A:

A diversi lustri di distanza dalla diffusione di Internet, vi è ancora la convinzione che i materiali ivi reperibili costituiscano un immenso common liberamente appropriabile. La facilità di accesso coincide con la libertà d'uso. Ma le regole del diritto d'autore si applicano anche nel contesto della Rete ed è così necessario un chiarimento sull'equivalenza tra comportamenti in ambito digitale e i corrispondenti comportamenti in ambito analogico.

 

 

Plagio. La maggior parte dell’enunciato è copiato dall’originale (in neretto le parole riprese direttamente). Soltanto alcune parole ed espressioni sono state sostituite con sinonimi o equivalenze. L’autore non è citato, dando così l’impressione che il testo sia un prodotto originale di chi l’ha scritto.

Rielaborazione B:

Anche se è ormai da qualche decennio che Internet si è diffusa in ambito accademico, alcuni pensano che le risorse che vi si trovano, poiché sono facili da trovare, siano anche liberamente utilizzabili. Ma le leggi sul diritto d’autore si applicano anche nel contesto di Internet, ed è perciò necessario chiarire l’equivalenza tra le azioni eseguite in ambito digitale e quelle eseguite in ambito analogico.

 

 

Plagio. E’ stata eseguita una parafrasi molto (troppo) vicina al testo originale, sia pure intervenendo sia con sinonimi che variando la struttura delle frasi, ed utilizzando connettori diversi. Anche in questo caso l’autore non è citato.

Rielaborazione C:

Come afferma Spedicato, a diversi lustri di distanza dalla diffusione di Internet in ambito accademico, vi è ancora in alcuni la convinzione che i materiali ivi pubblicati costituiscano una sorta di immenso common liberamente appropriabile. E’ come se, essendo facili da reperire, tali materiali siano anche di libero utilizzo. Le regole del diritto d'autore, tuttavia, osserva ancora Spedicato, trovano diretta applicazione anche nel contesto della Rete, per cui è indispensabile precisare la differenza tra gli atti compiuti in ambito digitale e i corrispondenti atti compiuti in ambito analogico.

 

Plagio. A parte un paio di semplici brevi parafrasi, vengono riprese intere frasi del testo originale (in neretto le parole riprese direttamente), di cui si cita l’autore senza fornire i riferimenti precisi alla fonte.

Rielaborazione D:

Come afferma Spedicato (2012), “A diversi lustri di distanza dalla diffusione di Internet in ambito accademico, vi è ancora in alcuni la convinzione che i materiali ivi pubblicati o reperibili costituiscano una sorta di immenso common liberamente appropriabile”. Si confonde in tal modo il fatto che i materiali siano facili da reperire con il diritto a farne un uso libero. Tuttavia, prosegue Spedicato (ibidem), “Le regole del diritto d'autore … trovano diretta applicazione anche nel contesto della Rete rendendo necessario un chiarimento sull'equivalenza tra alcuni atti compiuti in ambito digitale e le corrispondenti condotte in ambito analogico”.

 

Non plagio. Autore originale e fonte sono precisati, anche se il testo è costituito quasi totalmente da citazioni (giustamente racchiuse tra virgolette), dando così l’impressione che i concetti del testo originale non siano stati compresi e/o elaborati personalmente.

Rielaborazione E:

Tra gli utilizzatori di Internet è frequente la convinzione che tutto ciò che si può reperire in rete sia di per sé libero da diritti, e quindi di pubblico dominio. Come sostiene Spedicato (2012), si ritiene che “i materiali ivi pubblicati o reperibili costituiscano una sorta di immenso common liberamente appropriabile”. Si dimentica invece che le leggi sul diritto d'autore valgono anche in Internet. Poiché utilizzare una fonte cartacea piuttosto che elettronica può comportare delle differenze, è importante mettere a fuoco le responsabilità dell’utilizzatore di entrambi i tipi di materiali.

 

Bibliografia

Spedicato, Giorgio (2012) Attività di ricerca e uso dei materiali reperiti in Internet. Abstract della relazione tenuta al Convegno “Oltre la rilevazione del plagio verso la qualità della didattica e della ricerca”, 30 novembre 2012, Bologna, http://www.unibo.it/eventi/antiplagio/il-diritto-dautore-in-ambito-accademico-lesperienza-delluniversita-di-bologna-1.html

 

Non plagio. Si nota uno sforzo di rendere i concetti del testo di partenza con parole proprie, eseguendo cioè una parafrasi personale (anche se il testo risultante non è un contributo particolarmente originale, soprattutto perché mancano idee e commenti di chi scrive). La citazione è accurata, sia all’interno del testo che nella bibliografia finale.

 

G. Citare in modo corretto. Le citazioni possono apparire all’interno del testo (se brevi, incorporate nella frase e racchiuse tra virgolette; se più lunghe, in un paragrafo scritto in corsivo o con carattere più piccolo e con margini più stretti – si veda l’esempio nella sezione “La prevenzione del plagio: una prospettiva pedagogica” qui sopra), ma anche assumere la forma di note a piè di pagina o alla fine del testo. Di solito i riferimenti citati nel testo compaiono poi elencati in ordine alfabetico in una Bibliografia finale. Esistono numerosi stili di citazioni[13], codificati in regole molto precise, ed è quindi necessario informarsi su quale debba eventualmente essere usato.

 

Conclusione

 

Con questo contributo si è inteso innanzitutto portare all’attenzione dei docenti il fenomeno del plagio, affinché, sostenuti da una maggiore consapevolezza dei cruciali fattori in gioco, essi possano poi intervenire più efficacemente sui loro studenti. Il plagio è un fenomeno diffuso, a scuola e all’università, ed è necessario affrontarlo agendo in due direttrici fondamentali. Da un lato, è importante agire sulle convinzioni e gli atteggiamenti degli studenti, chiarendo che cosa si intende per “plagio”, quali forme può assumere, e come si configura ai tempi di Internet, insistendo in particolare sull’integrità etica che deve caratterizzare qualunque lavoro di studio e di ricerca. Dall’altro lato, occorre inserire il plagio nel vivo del processo di lettura/scrittura per lo studio, in quanto esso tende a manifestarsi proprio nei momenti cruciali dello sviluppo della relativa competenza, quando cioè gli studenti devono appropriarsi delle informazioni e rielaborarle in una sintesi originale. Una prospettiva pedagogica metacognitiva risulta così determinante per fornire agli studenti dei supporti didattici che, facendo crescere la loro consapevolezza, li aiuti a diventare competenti scrittori, affinando le loro abilità e rendendo così sempre meno probabile il ricorso al plagio.

 

Riferimenti

AA.VV., 2010, Il plagio nelle tesi di laurea italiane, Compilatio.net in collaborazione con Tesionline.

AA.VV., 2017. Not All Plagiarism is Created Equal. How Instruction Can Protect Institutional Reputation, Turnitin.

Mariani L., 1990, Strategie per imparare. Test ed esercizi alla scoperta di un metodo di studio personale, Zanichelli, Bologna (2a ediz. 1996).

Mariani L., 2016, “Convinzioni, atteggiamenti, motivazioni: la dimensione nascosta del saper leggere”, Lingua e Nuova Didattica, Anno XLV, No. 4, Novembre 2016, pp. 131-145.

Olson K.R., Shaw A., 2011, “’No fair, copycat!' - What children's response to plagiarism tells us about their understanding of ideas”, Developmental Science, 14, 2, pp 431–439.

Wineburg S., 1998, “Reading Abraham Lincoln: An expert/expert study in the interpretation of historical texts”, Cognitive Science, 22, pp. 319–346.

 

www.learningpaths.org    luciano.mariani@iol.it

 

 



[1] I collegamenti Internet presenti in questo contributo erano attivi e funzionanti alla data del 25/8/2017.

[2] L’altra importante definizione di plagio, non rilevante ai nostri fini, è “figura criminosa consistente nel sottoporre un individuo al proprio volere, esercitando su di lui un particolare ascendente intellettuale e morale in modo da ridurlo in totale stato di soggezione, annientandone volontà e personalità (la norma che prevedeva, nel codice penale italiano, il delitto di plagio è stata dichiarata costituzionalmente illegittima nella sua totalità dalla Corte Costituzionale nel 1981)” (ibidem).

[3] Si vedano a titolo di esempio la sezione del sito dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM) dedicato al diritto d’autore online, e i siti StudioLegaleOnline e Educational CyberPlayGround.

[4] I dati sin qui citati sono forniti in un sito dedicato specificamente al plagio: Plagiarism.org

[5] A solo titolo di esempi, si vedano i documenti presenti sui siti delle Università di Roma La Sapienza, dell’Università per Stranieri di Siena, dell’Università degli Studi di Siena (School of Economics and Management).

[6] Uno dei più famosi e diffusi programmi è Turnitin, il cui sito offre anche molti materiali di grande utilità per gli studenti, oltre che per i docenti. In ambito italiano segnaliamo la collaborazione tra il già citato Compilatio.net, un “software di sorveglianza e rilevamento delle similitudini da Internet, e Tesionline, una banca dati su cui i laureati possono pubblicare gratuitamente le loro tesi, e i cui dati sono confluiti nel database di Compilatio.net.

[7] Si vedano ad esempio le strategie per i docenti fornite dal sito VirtualSalt, così come la sezione Plagiarism and Anti-Plagiarism della Rutgers University, la sezione Plagiarism Prevention della University of Wisconsin-Platteville e la Plagiarism Theme Page del Community Learning Network. Tutti questi siti offrono numerosi collegamenti ad altre fonti e bibliografie aggiornate. Si segnalano inoltre i materiali di un Convegno organizzato dall’Università di Bologna (“Oltre la rilevazione del plagio verso la qualità della didattica e della ricerca”, 30 novembre 2012).

[8] La letteratura sugli study skills o abilità di studio è stata e continua ad essere molto ampia, soprattutto con riferimento a testi di esercizi e attività per gli studenti. Il testo di Mariani (1990, seconda edizione 1996), ad esempio, destinato a studenti della scuola secondaria di secondo grado, focalizza aree importanti come la lettura orientativa, la rielaborazione, le tecniche e gli strumenti per prendere appunti, la lettura e la costruzione di tabelle, grafici e diagrammi, le strategie di documentazione e consultazione.

[9] Esistono materiali pedagogici che affrontano il tema del plagio anche per giovani studenti: ne è esempio www.AdinasDeck.com, un DVD, rivolto a studenti di scuola media, che presenta la tematica sotto forma di serie televisiva.

[10] I siti dell’Università di Padova (Scuola di Psicologia), di Pavia (Facoltà di Scienze Politiche), del Politecnico di Milano e dell’Università di Verona/Compilatio.net forniscono utili guide per gli studenti. Molte università di area anglosassone offrono guide dettagliate e tutorials ad uso degli studenti: si vedano ad esempio i siti della Middle Georgia State University, della Northwestern University, della Pennsylvania State University, della Simon Fraser University, della University of Maine, della University of Maryland, della Indiana University, della Western Washington University, nonchè l’Online Writing Lab della Purdue University, il modulo Study Skills della University of Leicester e il già citato sito specializzato Plagiarism.org Esempi di altre risorse di carattere divulgativo sono WikiHow e Scribbr ; un interessante quiz (Plagiarism-by-Paraphrase Risk Quiz) è disponibile sul sito del Goucher College.

[11]Ad esempio, Google Chrome mette a disposizione vari tipi di filtri per restringere le ricerche: così, se immettendo le parole riscaldamento globale si ottengono (alla data del 25/8/2017) 3.080.000 risultati, selezionando il filtro .org la ricerca si restringe a “soli” 36.100 risultati, con il filtro.edu a 1.340 risultati e con il filtro .gov a 36 risultati. Vale dunque la pena di familiarizzarsi con le opzioni di ricerca avanzata dei motori di ricerca.

[12] Il già citato sito VirtualSalt fornisce una serie organizzata di materiali per studenti, che coprono l’intera gamma delle abilità di studio e ricerca, compresa la parafrasi e riassunto. Indicazioni dettagliate sull’uso delle fonti (e molti altri aspetti della scrittura per lo studio e la ricerca) si trovano sul sito del Nesbitt-Johnston Writing Center - Hamilton College.

[13] Tra i più noti ricordiamo quelli afferenti alla MLA (Modern Language Association), all’APA (American Psychological Association) e il Chicago Manual of Style.